ABSTRACT – nel vigente quadro costituzionale, successivo alla Riforma del Titolo V della Costituzione, la materia dei porti turistici appartiene alla competenza legislativa delle Regioni, alle quali sono demandate la localizzazione delle aree destinate all’insediamento di porti turistici, nonché la disciplina delle procedure per la concessione dell’area demaniale e per la realizzazione e la gestione dei porti stessi. Nella relazione viene illustrato come, nonostante la “regionalizzazione” della disciplina dei porti turistici, le fonti regionali incontrino molteplici vincoli derivanti sia dall’ordinamento comunitario, sia dai principi costituzionali in tema di leale collaborazione tra Stato e Regioni, sia dalla necessità che sia garantita la salvaguardia dei vincoli paesaggistici, ambientali, culturali etc.

(relazione a firma dell’Avv. Roberto Righi e dell’Avv. Ettore Nesi, pubblicata negli Atti della XXXII Edizione del Forum della fascia costiera ligure tosco laziale e della Sardegna “Evoluzione delle civiltà lungo le vie del Mediterraneo – Un modello di sviluppo eco-compatibile per la salvaguardia del mare e la valorizzazione della fascia costiera“, svoltosi a Dorgali nel settembre 2010, Edito dal Rotary Club Dorgali nel 2012)

 


LA LOCALIZZAZIONE E LA REALIZZAZIONE DEI PORTI TURISTICI TRA LEGISLAZIONE NAZIONALE E LEGISLAZIONI REGIONALI

Avv. Roberto Righi

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SOMMARIO
0. PREMESSA

1. Sull’appartenenza al demanio pubblico marittimo del porto turistico. 

2. Sul regime dei Porti nel quadro costituzionale anteriore alla Riforma del Titolo V.

3. Sul d.P.C.M. 21 dicembre 1995.

4. Sull’art. 4 l. n. 84/1994.

5. Sull’art. 105 comma 2° lett. l) D.Lgs. n. 112/1998

6. Sul regime dei Porti successivamente alla Riforma del Titolo V della Costituzione. Sul potere delle Regioni di localizzare i Porti turistici.

7. (segue): sulle Regioni a statuto speciale. 

8. Sul D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85. 

9. Sul procedimento regionalizzato per la localizzazione, la concessione di beni demaniali marittimi destinati ad accogliere strutture dedicate alla nautica da diporto, nonché per la loro realizzazione.

9.1. Sul d.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509 (“Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell’articolo 20, comma 8, della l. 15 marzo 1997, n. 59”).

i) Sull’avvio del procedimento ad istanza di parte. 

ii) Sulla pubblicazione della domanda e sull’esame di essa (e di quelle eventualmente concorrenti) da parte della conferenza di servizi. 

iii) Sull’approvazione del progetto definitivo. 

iv) Sul rilascio della concessione demaniale e sull’esecuzione delle opere. 

9.2. Sul carattere residuale e cedevole del d.P.R. n. 509/1997. 

10. Sui vincoli ricadenti sul legislatore regionale e discendenti sia dall’ordinamento comunitario, sia dalla tutela di interessi costituzionalmente rilevanti la cui salvaguardia è demandata allo Stato, sia dall’applicazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. 

i) Sui vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema non discriminazione, diritto di stabilimento e concorrenza. 

ii) Sui vincoli derivanti dalla normativa in tema di salvaguardia del contesto paessagistico ed ambientale, culturale.

iii) Sui vincoli di carattere urbanistico. 

10. Conclusioni. 

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0. PREMESSA

La valorizzazione economica eco-compatibile, culturale e paesaggistica della fascia costiera, tema del presente convegno, non può che collegarsi a quei luoghi posti sulla costa e in cui le vie del Mediterraneo si uniscono alla terraferma, e cioè ai Porti.

Porto dal greco POREYTOS “che da passaggio” [1], valichi quindi tra mare e terra che, in origine, sorsero nei luoghi in cui il mare si addentrava naturalmente nella terraferma così da consentirvi il ricovero delle imbarcazioni.

I Porti sono dunque infrastrutture indispensabili per promuovere il territorio costiero e, evidentemente, l’entroterra di esso [2], sia sotto il profilo mercantile, sia sotto i profili culturali e paesaggistici.

È ben evidente, infatti, che la promozione della fascia costiera, delle sue attività economiche e delle sue bellezze culturali e paesaggistiche esiga una dotazione di adeguate e funzionali infrastrutture portuali specificatamente dedicate al turismo e cioè alla nautica da diporto.

Come vedremo, nel vigente quadro costituzionale, successivo alla Riforma del Titolo V della Costituzione (legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3), la materia dei porti turistici appartiene alla competenza legislativa delle Regioni, alle quali sono ora demandate la localizzazione delle aree destinate all’insediamento di porti turistici, nonché la disciplina delle procedure per la concessione dell’area demaniale e per la realizzazione e la gestione dei porti stessi.

Pur a seguito della “regionalizzazione” delle suddette procedure, si vedrà come le fonti regionali incontrino molteplici vincoli derivanti sia dall’ordinamento comunitario, sia dai principi costituzionali in tema di leale collaborazione tra Stato e Regioni, sia dalla necessità che sia garantita la salvaguardia dei vincoli paesaggistici, ambientali, culturali etc.

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1. Sull’appartenenza al demanio pubblico marittimo del porto turistico.

In termini generali, si premette che anteriormente al codice civile una prima classificazione dei porti si rinveniva, in origine, nel R.D. 2 aprile 1885, n. 3095, recante “Testo unico della legge 16 luglio 1884, n. 2518, con le disposizioni del titolo IV, porti, spiagge e fari della preesistente legge 20 marzo 1865, sui lavori pubblici”, il cui art. 1 suddivideva i porti in due categorie: alla prima appartenevano i porti e le spiagge che interessavano la sicurezza della navigazione generale e servivano unicamente o precipuamente a rifugio, o alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato; nella seconda erano inseriti i porti e gli approdi – suddivisi in quattro classi – che servivano precipuamente al commercio.

Successivamente, il legislatore sia nel codice civile sia nel codice della navigazione si limitò ad ascrivere i porti nel demanio pubblico (cfr. art. 822 comma 1° cod. civile [3]; artt. 28-29 cod. nav. [4]): demanio necessario e naturale. Infatti, come precisato in giurisprudenza, «la nozione di porto cui fa riferimento l’art. 28 Cod. Nav. presuppone una realtà che deve esistere naturalmente, e come tale assolvere alla funzione sua propria, anche senza opere di adattamento o perfezionamento, intendendosi con tale nozione il tratto di mare i chiuso che per la sua particolare natura fisica è atto al rifugio, all’ancoraggio ed all’attracco delle imbarcazioni provenienti dall’alto mare» (Cons. St., Sez. VI, 27 marzo 2003, n. 1601).

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2. Sul regime dei Porti nel quadro costituzionale anteriore alla Riforma del Titolo V. 

2.1. In tema di porti e aree portuali, non veniva dettata alcuna disposizione specifica dall’art. 117 Cost. nella formulazione anteriore alla Riforma del Titolo V.

Ciò nondimeno, la consolidata giurisprudenza costituzionale riconduceva il regime dei porti turistici alle materie di competenza concorrente regionale in virtù del richiamo di cui all’art. 117 comma 1° Cost. alla materia di “turismo ed industria alberghiera” «la quale doveva essere esercitata nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato» (cfr. Corte Cost., 10 marzo 2006, n. 90).

2.2. Con il primo trasferimento di competenze alle Regioni (d.P.R. n. 616/1977) venne infatti stabilito al comma 1° dell’art. 59 (“Demanio marittimo, lacuale e fluviale”) «Sono delegate alle regioni le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando la utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative. Sono escluse dalla delega le funzioni esercitate dagli organi dello Stato in materia di navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale»; con la precisazione della non applicazione di detta delega «ai porti e alle aree di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima».

Per la identificazione delle predette aree, il citato art. 59 rinviava poi ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi sentite le “Regioni interessate”.

2.3. Dunque, come osservato dalla successiva giurisprudenza costituzionale, già con il primo trasferimento di competenze il Legislatore Statale previde «un coinvolgimento delle Regioni nella materia “porti”, ed è significativo che la suddetta norma sia contenuta nel Capo relativo a “turismo ed industria alberghiera”» (Corte Cost., 10 marzo 2006, n. 90).

In tale contesto normativo venne osservato dalla giurisprudenza amministrativa come i porti turistici rientrassero «certamente nella materia “Turismo e Industria alberghiera” già prevista di pertinenza regionale sin dall’originaria formulazione (ossia anteriore alla modifica introdotta con la L. cost. 18 ottobre 2001 n. 3) dell’art. 117 Cost., ed è da sottolineare il fatto che, in base all’art. 56 DPR n. 616/77 (a completamento di quanto già previsto dal DPR 14 gennaio 1972 n. 6) le funzioni relative trasferite alle regioni concernono “tutti i servizi, le strutture e le attività pubbliche e private riguardanti l’organizzazione e lo sviluppo del turismo regionale…” precisandosi che le funzioni predette comprendono, tra l’altro, “le opere, gli impianti, i servizi complementari all’attività turistica” (art. 56 cit., comma 2 lett. a)» (Cons. St., Sez. II, 15 maggio 2002, n. 767).

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3. Sul d.P.C.M. 21 dicembre 1995.

Il termine per l’emanazione del decreto di individuazione delle aree escluse dalla delega – in mancanza del quale la giurisprudenza amministrativa ritenne che la delega non fosse divenuta operante – era originariamente fissato dall’art. 59, secondo comma, del d.P.R. n. 616/1977.

Successivamente, l’art. 6, comma 1, del D.L. 5 ottobre 1993, n. 400 conv. in legge n. 494/1993, fissò il nuovo termine di un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto, stabilendo che, in mancanza, le funzioni previste dall’art. 59 d.P.R. n. 616/1977 fossero comunque delegate alle Regioni.

Tale ultimo termine fu poi prorogato al 31 dicembre 1995, con una serie di decreti legge non convertiti (a partire dal d.l. 21 ottobre 1994, n. 586), tra i quali il D.L. 18 dicembre 1995, n. 535, sotto il cui provvisorio vigore fu emanato il d.P.C.m. 21 dicembre 1995 [5].

Con tale decreto vennero quindi identificate le aree demaniali marittime escluse dal conferimento delle funzioni amministrative alle Regioni «in quanto riconosciute di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e alle esigenze della navigazione marittima».

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4. Sull’art. 4 l. n. 84/1994.

Intanto, nelle more dell’emanazione del decreto attuativo dell’art. 59 d.P.R. n. 616/1978, con legge 28 gennaio 1994, n. 84 (recante “Riordino della legislazione in materia portuale”) venne dettata un’organica disciplina dell’ordinamento e delle attività portuali.

In particolare, all’art. 4 della l. n. 84/1994 venne operata una riclassificazione dei porti, i quali furono distinti in due categorie[6].

Nella categoria I vennero compresi porti o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato.

Nella seconda categoria vennero invece ricompresi i porti di rilevanza economica, i quali furono a loro volta distinti in tre classi in ragione dell’importanza geo-economica degli stessi:

– categoria II, classe I: porti o specifiche aree portuali di rilevanza economica internazionale;

– categoria II, classe II: porti o specifiche aree portuali di rilevanza economica nazionale;

– categoria II, classe III: porti o specifiche aree portuali di rilevanza economica regionale e interregionale.

Il concreto inserimento nell’una o nell’altra delle suddette categorie (essendo stabilito solo che i porti sede di autorità portuale abbiano comunque carattere internazionale o nazionale) venne demandato a decreti che avrebbero dovuto essere adottati, rispettivamente, dal «Ministro della difesa» e dal «Ministro dei trasporti e della navigazione». Tali decreti non vennero tuttavia mai emanati.

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5. Sull’art. 105 comma 2° lett. l) D.Lgs. n. 112/1998. 

Un secondo trasferimento di funzioni amministrative alle Regioni, in materia di concessioni di beni del demanio marittimo, avvenne poi con il D.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della l. 15 marzo 1997, n. 59”).

In particolare, l’art. 105, comma 2, lettera l) nel testo originario [7], stabiliva che venissero conferite alle Regioni le funzioni relative «al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia»; precisandosi, altresì, che «tale conferimento non opera nei porti e nelle aree di interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 1995».

L’art. 9 della legge n. 88/2001 ha, poi, modificato l’ultima parte del richiamato art. 105, comma 2, lettera l), stabilendo che il conferimento delle funzioni amministrative alle Regioni «non opera nei porti finalizzati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995». Con specifico riferimento ai porti di rilevanza economica regionale ed interregionale venne infine previsto che il conferimento sarebbe decorso dal 1° gennaio 2002.

In ordine alla natura del richiamo al d.P.C.M. del 1995, è stato osservato dalla giurisprudenza costituzionale che tale provvedimento venne richiamato quale “atto giuridicamente significativo”, senza che fosse pertanto intenzione del legislatore di attribuire nuova o diversa efficacia all’atto stesso (cfr. Corte Cost., 21 luglio 2000, n. 322 [8]; nello stesso senso Id. 10 marzo 2006, n. 90 [9]; nonché Id. 17 dicembre 2008, n. 412 nella quale è stato osservato che il richiamo al d.P.C.M. del 1995 operato dalla lettera l) dell’art. 105 cit. non ha comportato «il conferimento a tale decreto di “efficacia legislativa”, né vale a sanare i vizi di legittimità che lo inficino, o comunque ad attribuire ad esso, in quanto tale, una nuova o diversa efficacia»).

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6. Sul regime dei Porti successivamente alla Riforma del Titolo V della Costituzione. Sul potere delle Regioni di localizzare i Porti turistici. 

6.1. Con la Riforma del Titolo V della Costituzione (legge 18 ottobre 2001, n. 3) alle Regioni venne, da un lato, attribuita competenza legislativa concorrente in materia di «porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione» (art. 117, comma 3°, Cost.), dall’altro lato, competenza residuale e quindi piena in materia di “turismo” (art. 117, comma 4°, Cost.).

Secondo la Corte Cost., infatti, «la materia “turismo” è attualmente di competenza legislativa residuale, e dunque piena, delle Regioni, con attribuzione delle funzioni amministrative agli enti territoriali minori, secondo i criteri indicati dall’art. 118 della Costituzione» (sent. n. 90/2006 cit.).

Al contempo, all’art. 118, comma 1°, Cost. venne stabilito che «le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza».

6.2. Dunque, a seguito della Riforma del Titolo V, per quanto concerne i porti di rilevanza economica regionale e interregionale e dunque per la generalità dei Porti turistici, da un lato, le Regioni son divenute titolari di competenza legislativa piena, dall’altro lato, gli enti territoriali minori, secondo i criteri indicati dal citato art. 118 Cost., sono divenuti titolari delle funzioni amministrative (cfr. Corte Cost., 17 dicembre 2008, n. 412).

Ed infatti, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, il termine del 1° gennaio 2002 di cui al ricordato art. 105 lett. l) D.Lgs. n. 112/1998 (come novellato dall’art. 9 legge 16 marzo 2001, n. 88 ed ai sensi del quale «nei porti di rilevanza economica regionale ed interregionale il conferimento decorre dal 1° gennaio 2002») non è un termine meramente ordinatorio.

Osserva in proposito la Corte costituzionale nella citata sent. n. 90/2006 che «il nuovo assetto delle competenze, recato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, impedisce che possa attribuirsi attuale valenza all’inserimento dei “porti turistici” nel d.P.C.m. del 1995 ai fini del riparto delle funzioni amministrative».

Di talché, come successivamente precisato dalla giurisprudenza amministrativa, a far data dal 1° gennaio 2002, «la individuazione dei “porti turistici” (di sicura competenza regionale) può essere effettuata prescindendo da ogni attività di classificazione o catalogazione dei porti» (Cons. St., Sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3642; nello stesso senso T.A.R. Toscana, Sez. III, 15 marzo 2001, n. 661 [10]).

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7. (segue): sulle Regioni a statuto speciale.

Con riferimento alle Regioni a Statuto speciale assume rilievo la c.d. “clausola di maggior favore” di cui all’art. 10 legge cost. n. 3/2001, ai sensi della quale «Sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite».

Secondo la giurisprudenza in virtù di tale clausola le Regioni a Statuto speciale vedono ampliarsi in modo automatico le loro competenze legislative, mentre resta ferma la necessità di norme di attuazione ad hoc per il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative, occorrenti all’esercizio delle ulteriori funzioni amministrative (cfr. art. 11, l. n. 131/2003).

Nondimeno, secondo la giurisprudenza amministrativa, ove le norme di attuazione abbiano disposto il rinvio al D.Lgs. n. 112/1998 (come nel caso della Regione Sardegna, cfr. art. 1 D.Lgs. 17 aprile 2001, n. 234, recante “Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna per il conferimento di funzioni amministrative, in attuazione del Capo I della legge n. 59 del 1997”), l’effettivo esercizio delle funzioni trasferite decorre comunque dal 1° gennaio 2002 (Cons. St., Sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3642).

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8. Sul D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85.

Recentissimamente è stato infine disposto dal D.Lgs. 28 maggio 2010, n.85 (“Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42”) che, mediante appositi Decreti della P.C.M., siano trasferiti a favore delle Regioni «unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio marittimo» (art. 3 comma 1° lett. a) e cioè, ai sensi del successivo art. 5, i beni immobili statali e quelli mobili in essi eventualmente presenti (“che ne costituiscono arredo oche sono posti a loro servizio”) «appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, come definiti dall’articolo 822 del codice civile e dall’articolo 28 del codice della navigazione, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali».

Dunque, per effetto di questa ulteriore disposizione, verrà a concentrarsi in capo alle Regioni la competenza legislativa, quella amministrativa (fatto salvo il principio di sussidiarietà ex art. 118 Cost.), nonché la titolarità dominicale dei beni appartenenti al demanio marittimo.

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9. Sul procedimento regionalizzato per la localizzazione, la concessione di beni demaniali marittimi destinati ad accogliere strutture dedicate alla nautica da diporto, nonché per la loro realizzazione. 

In tale contesto normativo è quindi evidente che il procedimento per la localizzazione, la concessione di beni demaniali destinati alla realizzazione di porti turistici, nonché per la loro conseguente realizzazione e gestione sia ora di competenza delle Regioni, mentre la previgente normativa statale di cui si dirà subito non potrà che avere carattere residuale e cedevole. Essa continuerà infatti a trovare applicazione nelle sole ipotesi in cui il legislatore regionale non abbia esercitato la propria competenza normativa in materia.

9.1. Sul d.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509 (“Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell’articolo 20, comma 8, della l. 15 marzo 1997, n. 59”).

Mediante il d.P.R. n. 509/1997 venne disciplinato, in attuazione dell’art. 20 comma 8° l. n. 59/1997 [11] , il procedimento per la concessione di aree del demanio marittimo destinate alla realizzazione di infrastrutture portuali dedicate alla nautica da diporto.

i) Sull’avvio del procedimento ad istanza di parte.

In termini generali, si ricorda che il procedimento delineato dal citato d.P.R. n. 509/1997 prevede che esso abbia inizio su domanda di chi vi abbia interesse da presentare al Capo del Compartimento Marittimo, dandone contestualmente notizia al Comune su cui ricade l’area demaniale da occupare (cfr. art. 3).
Sempre all’art. 3 viene inoltre previsto che la domanda sia corredata da un progetto preliminare redatto conformemente alla normativa sui contratti pubblici (art. 16 l. n. 109/1994 ed ora art. 93 D.Lgs. n. 163/2006).

Più precisamente, all’art. 3 viene stabilito che il progetto preliminare «definisce le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori ed il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire. Contiene inoltre uno studio con la descrizione del progetto ed i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente, ai fini della verifica di cui all’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996».

ii) Sulla pubblicazione della domanda e sull’esame di essa (e di quelle eventualmente concorrenti) da parte della conferenza di servizi. 

Ai sensi dell’art. 4 la domanda ritualmente formulata dal soggetto interessato è soggetta a pubblicazione così da consentire nel termine di 90 giorni la presentazione di osservazioni o di domande concorrenti.

Una volta esperita la pubblicazione dell’istanza ex art. 3, l’esame di essa e di quelle (eventualmente) concorrenti è quindi rimessa ad una conferenza di servizi promossa dal Sindaco del Comune in cui ricade l’area demaniale da occupare (art. 5).

Compito della conferenza è vagliare la compatibilità del progetto preliminare dell’opera da realizzare sotto il profilo urbanistico, edilizio, tecnico, ambientale, paesaggistico, storico e culturale.

Come rilevato in giurisprudenza, per ciascuna della autorità chiamate a partecipare alla conferenza di servizi «la norma individua lo specifico interesse di rilievo pubblico in raffronto al quale il progetto che ricade sul demanio marittimo deve essere valutato. Spetta alla Regione il giudizio di “ammissibilità sotto il profilo urbanistico e pianificatorio” ed al Comune quello “per l’ammissibilità sotto il profilo urbanistico edilizio”. La Circoscrizione Doganale, l’Autorità portuale, l’Ufficio del Genio Civile, ed ogni altra amministrazione che “in forza di leggi, regolamenti o appositi provvedimenti amministrativi risultino preposte alla tutela di specifici interessi pubblici” coinvolti dall’iniziativa, sono chiamati a partecipare alla conferenza di servizi e ad esprimere la propria valutazione nell’esercizio della rispettiva sfera di attribuzioni.

Dette manifestazioni di volontà, in base al modello procedimentale delineato all’art. 5 del d.P.R. n. 509/1997, restano fra loro distinte ed esternano ciascuna il giudizio di comparazione del progetto con l’interesse pubblico al quale ciascuna delle amministrazioni che partecipa alla conferenza di servizi è preposta alla cura; esse, quindi, non si fondono in un’unica volontà da imputarsi alla conferenza di servizi, intesa quale organo collegiale, così che la maggioranza dei consensi possa imporsi al dissenso di taluna delle amministrazioni chiamate a pronunziarsi sul progetto preliminare» (Cons. St., Sez. VI, 18 aprile 2005, n. 1768; sul punto v. inoltre T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 27 maggio 2009, n. 2944).

iii) Sull’approvazione del progetto definitivo.

Successivamente alla valutazione di ammissibilità del progetto preliminare, il quale viene individuato senza bisogno di pubblica gara salvo che “non ricorrano ragioni di preferenza”[12] (cfr. art. 5 commi 6 e 8), il soggetto interessato all’occupazione dell’area demaniale viene invitato dal Sindaco alla presentazione del progetto definitivo ed unitamente ad esso dello studio di impatto ambientale (art. 6, comma 1°).

L’approvazione del progetto definitivo viene quindi effettuata mediante conferenza di servizi se conforme agli strumenti urbanistici (art. 6, comma 2, lett. a[13]), ovvero, in caso contrario, mediante accordo di programma ex art. 34 TUEL, all’esito della quale possono essere variati gli strumenti urbanistici.

iv) Sul rilascio della concessione demaniale e sull’esecuzione delle opere.

A seguito dell’approvazione del progetto definitivo, è quindi possibile il rilascio della concessione demaniale (art. 7), potendo così essere consentita l’immissione del concessionario nel possesso dei beni oggetto della concessione (art. 8).

Le opere realizzate dal concessionario saranno infine soggetto a collaudo finale.

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9.2. Sul carattere residuale e cedevole del d.P.R. n. 509/1997. 

Si è già detto che, a seguito della Riforma del Titolo V, nonché dei successivi interventi normativi, la disciplina di riferimento per la realizzazione di porti turistici su aree demaniali non può ritenersi costituita dal ricordato d.P.R. n. 509/1997.

Il che trova conferma nella più recente giurisprudenza amministrativa, secondo cui «Il D.P.R. n. 509/1997 costituisce normativa statale di dettaglio, che, a seguito della riformulazione dell’art. 117 della Costituzione, non può trovare applicazione nel caso di specie, essendo la relativa disciplina demandata, come visto, alla legislazione regionale» (T.A.R. Toscana, Sez. III, sent. n. 661/2010 cit.).

Ciò in quanto, prosegue l’appena citato indirizzo, «ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, in materia di porti la competenza legislativa dello Stato è limitata ai principi fondamentali.” (T.A.R. Toscana, Sez. III, 15 marzo 2010, n. 661).

Ne consegue che, laddove il legislatore regionale si sia avvalso della propria competenza normativa nella materia de qua, il d.P.R. n. 507/1997 diviene inapplicabile a cagione del c.d. principio di cedevolezza della normativa statale di dettaglio nelle materie di competenza regionale (residuale e/o concorrente); principio consacrato al comma 2° dell’art. 1 (“Attuazione dell’articolo 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in materia di legislazione regionale”) legge 5 giugno 2003 n.131 (“Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”[14]).

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10. Sui vincoli ricadenti sul legislatore regionale e discendenti sia dall’ordinamento comunitario, sia dalla tutela di interessi costituzionalmente rilevanti la cui salvaguardia è demandata allo Stato, sia dall’applicazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. 

i) Sui vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema non discriminazione, diritto di stabilimento e concorrenza. 

i.1) Seppur con riferimento al d.P.R. n. 509/1997, la giurisprudenza amministrativa ha rilevato come debbano essere osservate le garanzie partecipative delle procedure ad evidenza pubblica sia nella procedura di affidamento della concessione di area demaniale, sia nella successiva fase di realizzazione dell’opera pubblica.

Più precisamente, quanto alla concessione di area demaniale portuale, è stato osservato dal Consiglio di Stato che il rilascio della stessa è soggetta al rispetto dei principi di evidenza pubblica. Infatti, «l’indifferenza comunitaria al nomen della fattispecie, e quindi alla sua riqualificazione interna in termini pubblicistici o privatistici, fa sì che la sottoposizione ai principi di evidenza trovi il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato; così da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione» (Cons. St., Sez. VI, sent. 30 gennaio 2007, n. 362; nello stesso senso ID, 25 gennaio 2005, n. 168, nonché T.A.R. Lazio Latina, 5 maggio 2006 n. 310; ID. 8 settembre 2006, n. 610).

i.2) Corollario dei principi comunitari in materia di libera circolazione dei servizi, di “par condicio”, d’imparzialità e di trasparenza è, inoltre, il divieto per il legislatore di prevedere un rinnovo automatico della concessione a favore di chi ne sia già titolare.

Infatti, come rilevato dalla giurisprudenza costituzionale, tale diritto di insistenza «viola l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza» (Corte Cost., 20 maggio 2010, n. 180).

Ciò in quanto, prosegue la Corte, «detto automatismo determina una disparità di trattamento tra gli operatori economici in violazione dei principi di concorrenza, dal momento che coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo non hanno la possibilità, alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non nel caso in cui questi non chieda la proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti» (Corte Cost., 20 maggio 2010, n. 180[15]).

i.3) Per quanto attiene invece al rispetto della normativa in tema di lavori pubblici (ora D.Lgs. n. 163/2006) è stato osservato che «il procedimento settoriale delineato dal citato DPR n. 509/1997 non appare coordinato con la normativa comunitaria in tema di lavori pubblici (tra i quali rientra anche la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto), tutte le volte in cui, come nella specie, la concessione sia anche preordinata all’esecuzione di opere di importo superiore alla soglia comunitaria (…).

È evidente, infatti, che, ricorrendo tale ipotesi, il procedimento anzidetto, fin dall’avvio, si presenta del tutto inadeguato a garantire la pubblicità prescritta dal legislatore europeo, essendo la pubblicazione dell’istanza di concessione limitata addirittura al Comune nel quale è situato il bene demaniale.

Tale inadeguatezza si rivela, poi, insormontabile per quel che attiene alla scelta del concessionario, essendo, oltre tutto, prevista, dal regolamento di cui si discute, una gara pubblica solo per le ipotesi in cui non vi siano ragioni di preferenza per il primo richiedente o per una delle domande concorrenti presentate» (Cons. St., Sez. VI, 20 febbraio 2007, n. 914).

i.4) Dunque, la procedura regionalizzata per il rilascio della concessione di area demaniale destinata alla realizzazione di Porti turistici richiederà, da un lato, il rispetto dei principi comunitari in tema di pubblicità della gara, nonché di evidenza pubblica al fine di individuare il concessionario, dall’altro lato, il rispetto delle disposizioni del codice dei contratti pubblici in fase di realizzazione delle infrastrutture portuali, ove le necessarie opere abbiano importi sopra soglia.

ii) Sui vincoli derivanti dalla normativa in tema di salvaguardia del contesto paessagistico ed ambientale, culturale. 

ii.1) Sempre dall’ordinamento comunitario discende l’obbligo per il legislatore regionale di prevedere la valutazione di impatto ambientale per i progetti di infrastrutture portuali dedicati alla nautica da diporto, analogamente a quanto previsto dagli artt. 3 e 6 d.P.R. n. 509/1997.

Infatti, ai sensi del paragrafo 1° dell’art. 1 della direttiva 27 giugno 1985 n. 85/337/CEE (attuata nell’ordinamento interno dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152 (“Norme in materia ambientale – Codice dell’Ambiente”), la valutazione di impatto ambientale è necessaria sia per i progetti “pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale importante”.

ii.2) Inoltre, allorché la localizzazione e la realizzazione dell’infrastruttura portuale turistica incidano su aree e/o beni sottoposti a vincoli alla cui tutela sono preposte Amministrazioni statali, pare ovvio che la normativa regionale dovrà prevederne la partecipazione delle stesse al procedimento approvativo dell’infrastruttura stessa, mediante moduli procedimentali idonei allo scopo (conferenze di servizi, accordi di programma etc.).

iii) Sui vincoli di carattere urbanistico.

Nella materia de qua incombe sul legislatore regionale l’obbligo di prevedere che l’infrastruttura portuale turistica sia compatibile con gli strumenti urbanistici, analogamente a quanto previsto nel d.P.R. n. 509/1997 all’art. 6 comma 2°.

L’infrastruttura portuale infatti incide in modo rilevante sul territorio e non può pertanto che essere coerente con gli strumenti urbanistici che lo governano.

Occorre pertanto che la normativa settoriale regionale preveda adeguati modelli partecipativi idonei a garantire l’intesa tra le autorità preposte al governo del territorio, anche al fine di variare, ove necessario, gli strumenti urbanistici vigenti.

***
10. Conclusioni. 

Nel vigente quadro costituzionale al legislatore regionale, sia nelle Regioni a statuto ordinario, sia in quelle a Statuto speciale, è riservata sia la localizzazione dei siti per la realizzazione dei porti turistici, sia la disciplina per la concessione delle aree demaniali da destinare ad essi e per la realizzazione degli stessi.

Il che tuttavia non esclude, come osservato dalla giurisprudenza costituzionale, che «lo Stato possa procedere, in futuro, con la necessaria partecipazione della Regione interessata, in ossequio al principio di leale collaborazione, a riconoscere a taluni porti turistici, per la loro dimensione ed importanza, carattere di rilevanza economica internazionale o di preminente interesse nazionale, che sia idoneo a giustificare la competenza legislativa ed amministrativa dello Stato su tali porti e sulle connesse aree portuali» (Corte Cost., 10 marzo 2006, n. 90).

Al di fuori di quest’ultima ipotesi, non vi è quindi dubbio che al legislatore regionale sia all’attualità attribuito un potere decisivo per lo sviluppo e la promozione del proprio territorio a vocazione turistica.

Tale potere dovrà essere peraltro esercitato in modo da salvaguardare il rispetto dei vincoli ambientali, paesaggistici, culturali etc., oltre che nel rispetto dei principi derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento, non discriminazione, concorrenza.

Compete quindi al legislatore regionale prevedere, nell’ambito delle procedure destinate all’individuazione dei porti turistici, alla concessione di esse a privati, nonché in quelle successive preordinate alla realizzazione dell’opera portuale, strumenti idonei a garantire l’apporto partecipativo delle Autorità preposte alla tutela dei vincoli di volta in volta rilevanti.

In difetto, la normativa regionale settoriale si porrà altrimenti in contrasto con i principi desumibili dalla Costituzione e sarà quindi censurabile dinanzi alla Corte Costituzionale.

Firenze, 3 settembre 2010

Avv. Roberto Righi
Avv. Ettore Nesi

[1] O. Pianigiani, Vocabolario etimologico della lingua italiana, Roma, 1907, voce PORTO: «dal greco POREYTOS “che da passaggio”, che tiene a POROS passaggio, e quindi congegnere a PORTHMOS il traghetto, il varco, PORTHMION il valico, il porto, PORTHEMEYS navalestro, dalla stessa base di PER-AO io trapasso, PEIR-O io passo».

[2] Si pensi ad esempio allo sviluppo del porto di Livorno a partire dal XVI secolo per volere dei Granduchi di Toscana i quali, al fine di promuovere le attività portuali, ebbero ad emanare un corpus normativo ad hoc c.d. Leggi Livornine. Tra esse merita in particolare ricordare la Costituzione Livornina del 1593 promulgata dal Granduca Ferdinando I de’ Medici al fine di concedere ampi privilegi “a’ tutti mercanti hebrei turchi, e’ mori, e altri mercanti reali”, così da accrescere “per beneficio publico” «nell’occasioni, l’animo a’ forestieri, di uenire a’ frequentare, i loro trafichi, e’ mercantie nella nostra diletta Citta’ di Pisa, e’ porto e’ scala di Liuorno, constare, e’ abitare con le vostre famigle, o’ senza esse, sperando n’habia a’ resultare utile a tutta Italia nostri suditi, e’ massime, a’ poueri».

[3] Art. 822 (“Demanio pubblico “) cod. civile:

«[I] Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale».

[4] Art. 28 (“Beni del demanio marittimo”) cod. nav.

«[I]. Fanno parte del demanio marittimo:

a) il lido, la spiaggia, i porti, le rade;

b) le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente col mare;

c) i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo».

Art. 29 (“Pertinenze del demanio marittimo”) cod. nav.:

«[I]. Le costruzioni e le altre opere appartenenti allo Stato, che esistono entro i limiti del demanio marittimo e del mare territoriale, sono considerate come pertinenze del demanio stesso».

[5] La predetta disposizione di proroga (sempre al 31 dicembre 1995) fu poi riprodotta ancora in altri decreti legge, fino al D.L. 21 ottobre 1996, n. 535 (art. 16), convertito dalla legge n. 647 del 1996, che fece altresì salvi gli effetti dei precedenti decreti non convertiti, fra cui il d.l. n. 535 del 1995 (art. 1, comma 2, della legge di conversione).

[6] Art. 4 (“Classificazione dei porti”) Legge 28 gennaio 1994, n. 84.

«1. I porti marittimi nazionali sono ripartiti nelle seguenti categorie e classi:

a) categoria I: porti, o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato;

b) categoria II, classe I: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica internazionale;

c) categoria II, classe II: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica nazionale;

d) categoria II, classe III: porti, o specifiche aree portuali, di rilevanza economica regionale e interregionale.

1- bis . I porti sede di autorità portuale appartengono comunque ad una delle prime due classi della categoria II (1).

2. Il Ministro della difesa, con proprio decreto, emanato di concerto con i Ministri dei trasporti e della navigazione e dei lavori pubblici, determina le caratteristiche e procede alla individuazione dei porti o delle specifiche aree portuali di cui alla categoria I; con lo stesso provvedimento sono disciplinate le attività nei porti di I categoria e relative baie, rade e golfi (2).

3. I porti, o le specifiche aree portuali di cui alla categoria II, classi I, II e III, hanno le seguenti funzioni:

a) commerciale;

b) industriale e petrolifera;

c) di servizio passeggeri;

d) peschereccia;

e) turistica e da diporto.

4. Le caratteristiche dimensionali, tipologiche e funzionali dei porti di cui alla categoria II, classi I, II e III, e l’appartenenza di ogni scalo alle classi medesime sono determinate, sentite le autorità portuali o, laddove non istituite, le autorità marittime, con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, con particolare riferimento all’attuale e potenziale bacino di utenza internazionale o nazionale, tenendo conto dei seguenti criteri:

a) entità del traffico globale e delle rispettive componenti;

b) capacità operativa degli scali derivante dalle caratteristiche funzionali e dalle condizioni di sicurezza rispetto ai rischi ambientali degli impianti e delle attrezzature, sia per l’imbarco e lo sbarco dei passeggeri sia per il carico, lo scarico, la manutenzione e il deposito delle merci nonché delle attrezzature e dei servizi idonei al rifornimento, alla manutenzione, alla riparazione ed alla assistenza in genere delle navi e delle imbarcazioni;

c) livello ed efficienza dei servizi di collegamento con l’entroterra.

5. Ai fini di cui al comma 4 il Ministro dei trasporti e della navigazione predispone, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno schema di decreto, che è trasmesso alle regioni, le quali esprimono parere entro i successivi novanta giorni. Decorso inutilmente tale termine si intende che il parere sia reso in senso favorevole. Lo schema di decreto, con le eventuali modificazioni apportate a seguito del parere delle regioni, è successivamente trasmesso alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica per l’espressione del parere, nei termini previsti dai rispettivi regolamenti, da parte delle Commissioni permanenti competenti per materia; decorsi i predetti termini il Ministro dei trasporti e della navigazione adotta il decreto in via definitiva.

6. La revisione delle caratteristiche dimensionali, tipologiche e funzionali di cui al comma 4, nonché della classificazione dei singoli scali, avviene su iniziativa delle autorità portuali o, laddove non istituite, delle autorità marittime, delle regioni o del Ministro dei trasporti e della navigazione con la procedura di cui al comma 5».

(1) Comma aggiunto dall’art. 8-bis, d.l. 30 dicembre 1997, n. 457, conv. in l. 27 febbraio 1998, n. 30.

(2) Comma così modificato dall’art. 2, d.l. 21 ottobre 1996, n. 535, conv. in l. 23 dicembre 1996, n. 647.

[7] Art. 105 (“Funzioni conferite alle regioni e agli enti locali”) D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112:

«1. Sono conferite alle regioni e agli enti locali tutte le funzioni non espressamente indicate negli articoli del presente capo e non attribuite alle autorità portuali dalla legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni e integrazioni.

2. Tra le funzioni di cui al comma 1 sono, in particolare, conferite alle regioni le funzioni relative:


l) al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia; tale conferimento non opera nei porti finalizzati alla difesa militare ed alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 1996, e successive modificazioni. Nei porti di rilevanza economica regionale ed interregionale il conferimento decorre dal 1° gennaio 2002 [Lettera così modificata dall’art. 9, l. 16 marzo 2001, n. 88]».

[8] Cfr. Corte Cost., 21 luglio 2000, n. 322: «L’art. 105, comma 2, lettera l, del d. lgs. n. 112 del 1998 individua le aree, nelle quali non opera il conferimento della competenza alle Regioni, per relationem, attraverso il richiamo alla individuazione effettuata con il d.P.C.m. 21 dicembre 1995. Nel fare ciò la disposizione legislativa assume a proprio presupposto il contenuto del provvedimento amministrativo pregresso per quello che è, senza conferire ad esso efficacia legislativa, né sanare i vizi di legittimità che lo inficiavano, o comunque attribuire ad esso, in quanto tale, una nuova o diversa efficacia. D’altra parte, il provvedimento del 1995 è richiamato in quanto atto giuridicamente significativo, e non come mero documento da cui desumere un contenuto fatto proprio dalla disposizione legislativa.

In altri termini, il richiamo dell’atto amministrativo vale semplicemente a definire per relationem la portata del limite introdotto dal decreto legislativo al conferimento di funzioni, ma con riferimento al contenuto dell’atto richiamato quale esiste attualmente nell’ordinamento, e nei limiti in cui l’efficacia ad esso propria tuttora sussista».

[9] Osserva la Corte Cost., 10 marzo 2006, n. 90 come il riferimento al suddetto d.P.C.m. del 1995 di cui alla lettera l) dell’art. 105 D.Lgs. n. 112/1998 non è idoneo a cristallizzare «nel tempo l’appartenenza di aree portuali, di interesse regionale o interregionale, al novero di quelle escluse dal conferimento di funzioni alle Regioni in vista del loro “preminente interesse nazionale”».

[10] Nello stesso senso v. nello stesso senso T.A.R. Toscana, Sez. III, 15 marzo 2010, n. 661: «A fronte della ripartizione di competenze individuata nella Costituzione, non rileva la classificazione o catalogazione dei porti come porti di interesse nazionale, contenuta nella normativa statale, quale ad esempio il D.P.C.M. del 21/12/1995, richiamato nell’art. 105, comma 2, lettera l, del d.lgs. n. 112/1998 (Tar Puglia, Bari, II, 11/8/2008, n. 1931), o in elenchi regionali, in quanto ai sensi del menzionato art. 117 della Costituzione tutti i porti che non svolgono una funzione servente rispetto a funzioni di competenza esclusiva dello Stato (come ad esempio la difesa e la sicurezza nazionale ex art. 117, comma 2 lettera d) rientrano ipso iure nella competenza regionale».

[11] Disponeva il comma 8° art. 20 Legge 15 marzo 1997, n. 59:

«8. In sede di prima attuazione della presente legge e nel rispetto dei principi, criteri e modalità di cui al presente articolo, quali norme generali regolatrici, sono emanati appositi regolamenti ai sensi e per gli effetti dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per disciplinare i procedimenti di cui all’allegato 1 alla presente legge».

E nell’Allegato 1 (previsto dall’articolo 20, comma 8) al punto 76 si legge:

«76. Procedimenti di concessione di beni del demanio marittimo utilizzati per finalità turistiche, ricreative e per la realizzazione e la gestione di attività commerciali, ricreative, sportive, turistiche e per quelle relative ai porti:

– articoli 33-37 del codice della navigazione;

– articoli 5-21 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328;

– decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494;

– legge 28 gennaio 1994, n. 84;

– decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 535, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 647».

[12] È stato osservato in giurisprudenza che «la pubblicazione dell’istanza è rivolta ad acquisire le osservazioni di tutti i soggetti a vario titolo controinteressati, nonché a sollecitare la presentazione di domande concorrenti; mentre l’esame della conferenza di servizi mira ad individuare, fra le istanze pervenute, l’iniziativa più idonea a soddisfare gli interessi pubblici alla valorizzazione turistica ed economica della regione, alla tutela del paesaggio e dell’ambiente e alla sicurezza della navigazione, essendo prevista la pubblica gara, in via residuale, unicamente per le ipotesi in cui non ricorrano ragioni di preferenza fra i progetti presentati» (Cons. St., Sez. VI, 20 febbraio 2007, n. 914).

[13] Secondo la giurisprudenza amministrativa in sede di conferenza di servizi per l’approvazione del progetto definitivo possono essere rilasciati gli atti di assenso da parte delle autorità competenti senza bisogno che essi siano già intervenuti in sede di approvazione del progetto preliminare. Cfr. T.A.R. Liguria, Sez. I, 16 febbraio 2008, n. 306, secondo cui « Quanto al rilascio dell’autorizzazione paesistica, ogni incertezza circa la possibilità che esso intervenga nella fase di approvazione del progetto definitivo è fugata dalla previsione contenuta nel terzo comma dell’art. 6 co. 3 D.P.R. n. 509/97, in forza del quale le amministrazioni già chiamate a partecipare alla conferenza di servizi per l’esame del progetto preliminare partecipano, alla successiva conferenza per l’approvazione del definitivo, al fine di formalizzare i provvedimenti di rispettiva competenza, ove detti provvedimenti non siano stati già formalizzati in sede di esame del preliminare: tale ultima precisazione, in combinato disposto con il precedente art. 5 co. 2, non può infatti avere altro significato se non quello di ammettere per implicito che, in seno alla conferenza per l’esame del preliminare, l’amministrazione competente – pur obbligatoriamente convocata – si limiti alla pronuncia di atti interlocutori, riservandosi il rilascio degli assensi definitivi alla fase seguente, il che si giustifica, peraltro, in funzione di evitare inutili duplicazioni di attività (nella medesima ottica, ove l’autorizzazione sia stata rilasciata definitivamente nella fase preliminare, la partecipazione dell’amministrazione competente alla conferenza per l’esame del definitivo può considerarsi non più necessaria)».

[14] Dispone l’art. 1 comma 2° l. n. 131/2003:

«2. Le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia, fermo quanto previsto al comma 3, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale. Le disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte Costituzionale».

[15] Secondo la Corte Costituzionale la proroga automatica di una concessione già scaduta non può nemmeno giustificarsi per tutelare l’affidamento ingenerato nel concessionario «con riguardo alla esigenza di disporre del tempo necessario all’ammortamento delle spese sostenute per ottenere la concessione, perché al momento del rilascio della medesima il concessionario già conosceva l’arco temporale sul quale poteva contare per ammortizzare gli investimenti, e su di esso ha potuto fare affidamento» (Corte Cost., 20 maggio 2010, n. 180). In conclusione, osserva la Corte Cost., «la previsione di una proroga dei rapporti concessori in corso, in luogo di una procedura di rinnovo che «apra» il mercato, è del tutto contraddittoria rispetto al fine di tutela della concorrenza e di adeguamento ai principi comunitari (sentenza n. 1 del 2008)». Nello stesso senso v. Cons. St., Sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3642 il quale ha osservato che «il concessionario di un bene demaniale non vanta alcuna aspettativa al rinnovo del rapporto, il cui diniego, nei limiti ordinari della ragionevolezza e della logicità dell’agire amministrativo, non abbisogna d’ulteriore motivazione (essendo parificabile al rigetto di un’ordinaria istanza di concessione), né implica alcun “diritto d’ insistenza ” qualora la p.a. intenda procedere ad un nuovo sistema d’affidamento mediante gara pubblica (Cons. Stato, V, n. 725/2000)».