Avv. Ettore Nesi – GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA – Limiti entro cui sono ammissibili motivi aggiunti in grado di appello

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1. Nel giudizio di appello, ai sensi del comma 3° dell’art. 104 c.p.a. «possono essere proposti motivi aggiunti qualora la parte venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati».

L’art. 104 c.p.a., nel porre il divieto di nova in grado di appello, costituisce specificazione di quanto, in generale, previsto dall’art. 345 c.p.c. Entrambe le disposizioni intendono preservare alla cognizione del giudice di appello il thema decidendum offerto al giudizio di I grado e oggetto della sentenza impugnata, che non può ricevere ampliamenti – in tal modo sfuggendo alla regola del doppio grado di giudizio – ma semmai riduzioni, per effetto dei motivi di impugnazione concretamente proposti dalle parti, che ben possono circoscriverlo in 2° grado, rispetto al precedente grado di giudizio (cfr. Cons. St., Sez. IV, Sentenza 29 agosto 2013, n. 4315, in Ricerca-amministrativa.it).

2. Il comma 3° dell’art. 104 subordina la proposizione di motivi aggiunti in appello alla sopravvenuta conoscenza di documenti non prodotti dalle parti nel corso del giudizio di primo grado e da cui emergano vizi degli atti o dei provvedimenti già impugnati.

Come osservato da Cons. St., Sez. IV, Sentenza 29 agosto 2013, n. 4315, l’art. 104, comma 3, cod. proc. amm., ha codificato il pregresso orientamento giurisprudenziale che ammetteva i motivi aggiunti in grado d’appello al solo fine di dedurre ulteriori vizi degli atti già censurati in primo grado, e non anche nella diversa ipotesi in cui con essi si intendesse impugnare nuovi atti sopravvenuti alla sentenza di primo grado (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 7 aprile 2008, nr. 1442; Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2007, nr. 5024; Cons. Stato, sez. VI, 25 luglio 2006, nr. 4648).

Sono dunque due i limiti o condizioni al cui ricorrere è ammissibile la proposizione di motivi aggiunti in grado di appello. La circostanza che le nuove censure riguardino atti già impugnati con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado. La circostanza che tale esigenza scaturisca da sopravvenienze documentali non conosciute nel primo grado di giudizio.

2.1. Quanto all’identità degli atti o provvedimenti impugnati in 1° e in 2° grado, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato i motivi aggiunti sono consentiti in appello solo per dedurre ulteriori censure in relazione ad atti e provvedimenti già impugnati, allorché i vizi ulteriori emergano da documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di 1° grado, il che determina l’inammissibilità dell’impugnazione in appello di nuovi atti, fermo restando la possibilità per la parte, ove ne ricorrano le condizioni, di proporre avverso questi ultimi autonomo ricorso giurisdizionale (Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2011 n. 2913; sez. V, 21 settembre 2011 n. 5329).

2.2. Quanto alla ulteriore condizione prevista dal comma 3° dell’art. 104 per l’ammissibilità di motivi aggiunti in grado di appello, e cioè la sopravvenuta conoscenza di nuovi documenti, nella sentenza n. 4315/2013 della Sezione IV del Consiglio di Stato viene osservato che la condizione della mancata produzione di un documento nel giudizio di I grado, costituisce soltanto un limite preclusivo oggettivo alla considerabilità dello stesso ai fini della proposizione di motivi aggiunti in appello, ma che tale condizione non “seleziona” a contrariis tutti gli altri documenti come “sopravvenuti”, e quindi utilizzabili ai fini di eventuali motivi aggiunti (cfr. Cons. St., Sez. IV, Sentenza 29 agosto 2013, n. 4315). Infatti, osserva ancora la Sezione IV nella citata sentenza, ai documenti “prodotti” devono aggiungersi i documenti che – pur non prodotti dall’amministrazione o da altre parti – possono comunque formare oggetto di acquisizione istruttoria ai sensi degli artt. 63 e 65 Cpa.: questi documenti, quindi, ancorché non acquisiti al procedimento, non possono in futuro essere posti a fondamento di un eventuale ricorso per motivi aggiunti.

In definitiva, secondo l’indirizzo in esame, occorre ritenere che i motivi aggiunti in appello, di cui all’art. 104, co. 3, c.p.a. devono senz’altro riguardare “atti o provvedimenti amministrativi impugnati”, e non possono essere desunti né da atti endoprocedimentali e/o di procedimenti collegati che avrebbero dovuto essere impugnati (e che eventualmente possono ancora formare oggetto di autonoma impugnazione in I grado), né da documenti non solo conosciuti, in quanto prodotti dalle parti in giudizio, ma anche conoscibili, per il tramite dell’esercizio degli ordinari mezzi di prova che il codice riconosce alle parti, ed in specie, al ricorrente.

Diversamente considerando, secondo Cons. St., Sez. IV, Sentenza 29 agosto 2013, n. 4315:

a) per un verso si svuota il senso stesso dell’istruttoria presidenziale e collegiale di cui all’art. 65, ed in particolare quanto previsto dal comma 3, secondo il quale “ove l’amministrazione non provveda al deposito del provvedimento impugnato e degli altri atti ai sensi dell’art. 46, il presidente o un magistrato da lui delegato ovvero il collegio ordina, anche su istanza di parte, l’esibizione degli atti e dei documenti nel termine e nei modi opportuni”;

b) per altro verso, si finisce per svuotare di senso sia la stessa natura del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale, sia il senso stesso del decisum proprio della sentenza di I grado, ben potendo ipotizzarsi una sorta di istruttoria successiva ed extra iudicium, in pendenza di termine per l’appello ed anche dopo la scadenza di questo, venendo in tal modo a prodursi una sorta di “giudizio a formazione progressiva”, che prescinde dal rispetto dei gradi di giudizio previsti per legge.