Avv. Ettore Nesi – ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITÀ – Occupazione sine titulo e prescrizione del diritto di risarcimento

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1. Nel caso in cui il procedimento espropriativo non sia stato concluso con un decreto di esproprio o con un valido negozio giuridico di alienazione, la realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell’acquisto.

L’istituto della c.d. accessione invertita (cfr. Cass., SS.UU., 26 febbraio 1983 n. 1464) deve ritenersi superato dagli interventi della CEDU, alla luce dei quali deve essere esclusa ogni forma di espropriazione indiretta (v., tra le tante, le sentenze Carbonara; Ventura c. Italia, 30 maggio 2000; Scordino c. Italia, 15 e 29 luglio 2004; Acciardi c. Italia, 19 maggio 2005; De Angelis c. Italia, 21 dicembre 2006; Pasculli c. Italia, 4 dicembre 2007; Scordino c. Italia n. 3, 6 marzo 2007).

Nella nota sentenza Scordino la CEDU ha in particolare osservato che «lo Stato dovrebbe, prima di tutto, adottare misure tendenti a prevenire ogni occupazione fuori legge dei terreni, che si tratti d’occupazione sine titulo dall’inizio o di occupazione inizialmente autorizzata e divenuta sine titulo successivamente … Inoltre lo Stato convenuto deve scoraggiare le pratiche non conformi alle norme delle espropriazioni lecite, adottando disposizioni dissuasive e ricercando le responsabilità degli autori di tali pratiche. In tutti i casi in cui un terreno è già stato oggetto d’occupazione senza titolo ed è stato trasformato in mancanza di decreto d’espropriazione, la Corte ritiene che lo Stato convenuto dovrebbe eliminare gli ostacoli giuridici che impediscono sistematicamente e per principio la restituzione del terreno».

In tale contesto, la trasformazione del suolo, appreso illegittimamente dalla P.A. per la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, concreta un illecito permanente. Pertanto viene meno la distinzione tra occupazione usurpativa e occupazione appropriativa. La prima (quella usurpativa) si ha nei casi in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia mancante o carente dei termini (c.d. usurpativa pura), nonché nei casi in cui sia annullata (c.d. usurpativa spuria). L’occupazione appropriativa ha invece luogo sulla base di un atto implicante dichiarazione di p.u. ed in forza di un formale provvedimento di autorizzazione all’occupazione in via di urgenza non seguito dal formale provvedimento espropriativo.

2. Fintantoché perdura l’occupazione del bene illegittimamente appreso, non si prescrive il diritto al risarcimento dei danni. In proposito osserva infatti la Sezione V del Consiglio di Stato: «il comportamento tenuto dall’Amministrazione, la quale abbia emanato una valida dichiarazione di pubblica utilità ed un legittimo decreto di occupazione d’urgenza senza tuttavia emanare il provvedimento definitivo di esproprio nei termini previsti dalla legge, deve essere qualificato come illecito permanente, nella cui vigenza non decorre la prescrizione, ciò perché in questo caso manca un effetto traslativo della proprietà, stante la mancanza del provvedimento di esproprio, connesso alla mera irrevocabile modifica dei luoghi. Per questo motivo, il soggetto privato del possesso può agire nei confronti dell’ente pubblico senza dover sottostare al termine prescrizionale quinquennale decorrente dalla trasformazione irreversibile del bene, con l’unico limite temporale rinvenibile nell’acquisto della proprietà, per usucapione ventennale del bene,eventualmente maturata dall’ente pubblico, nella specie non sussistente e, comunque, non eccepita» (Cons. St., Sez. V, 24 aprile 2013,  n. 2279).

3. La distinzione tra occupazione usurpativa e occupazione appropriativa rileva tuttavia nell’individuazione del dies a quo di commissione dell’illecito. Osserva infatti il Consiglio di Stato che, in caso di occupazione usurpativa, il dies a quo va fatto decorrere dal momento dell’immissione in possesso da parte dell’Amministrazione; mentre, in caso di occupazione appropriativa, il dies a quo decorre dalla scadenza del termine di occupazione legittima del terreno (cfr. Cons. St., Sez. V, 24 aprile 2013,  n. 2279).

Il che «rileva al fine di individuare il momento in cui misurare il valore venale ai fini della quantificazione del risarcimento del danno» (sent. n. 2279/2013 cit.).