Avv. Ettore Nesi – URBANISTICA – Limiti alla facoltà dei Comuni di disattendere le scelte urbanistiche compiute negli strumenti urbanistici nel regolare l’attività edilizia

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Secondo la costante giurisprudenza «le scelte urbanistiche effettuate dal Comune in sede di adozione del piano regolatore generale costituiscono valutazioni discrezionali attinenti al merito amministrativo che, come tali, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo in sede di giudizio impugnatorio, a meno che non risultino inficiate da errori di fatto o da vizi di grave illogicità, con la precisazione che le osservazioni proposte dai cittadini e/o proprietari nei confronti degli atti di pianificazione urbanistica non costituiscono veri e propri rimedi giuridici, ma semplici apporti collaborativi e, pertanto, non danno luogo a peculiari aspettative, sicché il loro rigetto o il loro accoglimento, di regola, non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali sottesi allo strumento pianificatorio; nella specie, l’osservazione proposta dagli interessati risulta recepita dal Comune e trova fondamento nell’ammissione del superamento del fabbisogno di standard preventivato» (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II Bis, 29 novembre 2013,  n. 10241).

Quando però l’A.C. accolga le osservazioni formulate dal privato nella fase partecipativa successiva all’adozione dello strumento urbanistico, l’accoglimento delle osservazioni è idoneo a ingenerare affidamento qualificato del privato; con la conseguenza che se l’A.C. intende disattendere la scelta pianificatoria, si configura in capo ad essa uno specifico e puntuale obbligo motivazionale a carico dell’amministrazione (cfr. T.A.R. Lazio Roma, Sez. II bis, sent. n. 10241/2013 cit.).